Buongiorno lettori, da oggi ho pensato di riproporvi qui sul blog le interviste fatte sul nostro Summary blog, partiamo quindi dall'autrice Alice Chimera, cliccando sull'immagine del magazine potrete sfogliare il numero su cui trovate l'intervista integrale e tanto altro del primo numero di Settembre.
1. Alice scrittrice quando è nata? Cos’è che ti ha messo la penna in mano e
ti ha spinta a mettere su carta i tuoi pensieri?
È difficile spiegarlo, la prima volta
che ho provato a scrivere davvero è stato per creare una Fan-fiction su Harry
Potter come regalo di compleanno di una mia amica. Stavamo aspettando l’uscita
del quinto volume (L’ordine della Fenice) e visto che lei era così maniaca
della serie da leggere ogni storia che trovava sul web le scrissi io il quinto
capitolo. Fu un lavoro di mesi, tanto che per il compleanno le consegnai solo i
primi quindici capitoli e completai il lavoro con altri trenta che le consegnai
a tappe; se oggi scrivo è grazie a quell’esperienza: la felicità di sfruttare
la mia fantasia e arrivare a metterla su carta per farla leggere a qualcuno fu
stupenda. Mi mettevo alla scrivania e la storia prendeva vita. Andavo a dormire
e prima di prendere sonno appuntavo nuove idee e dialoghi. È stato un amore
scoppiato per caso, ci sono voluti molti anni perché mi convincessi a scrivere
un mio libro, eppure ogni volta è come la prima, la storia prende vita nella
mia testa e mi sembra più che naturale farla arrivare agli altri.
2. Che significato ha per te scrivere?
In una sola parola “rivincita”. Sono
dislessica, per me leggere e scrivere non sono mai state cose semplici. Sono
sempre stata affascinata dai libri, ma erano davvero strumenti troppo difficili
per me. Quando ho trovato la mia dimensione e sono riuscita ad affrontare le
mie difficoltà allora ho capito che anche una come me, una persona che ha
passato la vita ad aver paura di leggere ad alta voce, può comunque riuscire a
affrontare la scrittura e farla sua. Ora colleziono e leggo libri come se non
ci fosse un domani. Scriverli e vederli pubblicati con il mio nome non ha
prezzo, se potessi li farei vedere alla bambina “lenta” che era costretta a
leggere i suoi temi così mal scritti alla classe.
3. Io personalmente sono dell’idea che scrivere sia un dono, si si può studiare, ricercare e imparare ma credo che come tutti i doni, anche quello della scrittura sia una magia, se ha radici nell’anima e nel cuore, è in grado di espandersi e toccare le anime di chi ne viene a contatto, tu cosa ne pensi com’è la tua scrittura?
Non mi ritengo una scrittrice fatta e
finita. Ho iniziato tardi a dare un corpo alla mia voce, sono insicura e le mie
storie non sono perfette, ogni anno cerco di spronarmi con corsi e manualistica
per colmare le lacune. Quello che però cerco di mettere in tutto ciò che scrivo
è lato nascosto delle storie: voglio parlare di personaggi spezzati, voglio
farlo senza avere tatto, senza farli apparire come vittime. Cerco sempre un
finale inaspettato (a volte amaro) chi mi ha letta ha odiato questo aspetto, ma
ha amato le storie. Non voglio raccontare favole, semplicemente mi piace essere
onesta e parlare a cuore aperto.
4. Scrittura e umore, come gestisci queste due cose? Nel senso, incide molto l’umore con cui ti alzi il mattino durante la stesura di una nuova storia? Per farti un esempio una litigata ti ha mai portata a descrivere una scena che magari era partita in modo soft ma che poi grazie all’umore nero si è trasformata in tuoni fulmini e saette?
Per me la scrittura è solitudine
anche se prendo ispirazione dalla vita di tutti giorni e non solo.
Difficilmente lascio che un particolare momento condizioni la stesura, se sono
troppo felice o vorrei distruggere oggetti, non scrivo, semmai raccolgo quelle
sensazioni per poi metterle su carta. Ho imparato che sfruttare a mente lucida
quello che ho provato, ha più peso sulla storia del semplice mettersi a scrivere
mentre lo si sta vivendo.
Per esempio un giorno mi piacerebbe passare
qualche settimana in un manicomio per avere il giusto materiale di emozioni per
ambientarci una storia. Tutti rimangono abbastanza sconvolti quando lo dico, ma
per la stesura attuale da quasi quattro anni sto facendo il giro di tutti i
cimiteri che mi capitano a tiro.
5. Come conseguenza alla domanda precedente, ti chiedo, può essere terapeutica
in questo senso la scrittura? Un modo per esorcizzare momenti complessi o meno
della tua vita?
“Il giorno dopo il lieto fine” è
stata una stesura che mi ha aiutato moltissimo, è nata in un periodo in cui non
volevo affrontare la mia depressione. Avevo bisogno di rialzarmi e non ero
disposta a vedere medici o prendere farmaci e quindi ho deciso di riscrivere i
finali dei lungometraggi Disney. È stato il miglior modo di accettare che la
vita ha alti e bassi e che non per forza i principi sono azzurri o che le fate
madrine arrivano a salvarti quando serve.
La scrittura è il miglior modo di
combattere le ombre della vita, di fuggire e entrare in contatto con lettori
che si immedesimano con i miei personaggi. È un veicolo per arrivare a un
lettore e raccontare i miei incubi e scoprire che in fondo tutti abbiamo paura
di qualcosa.
6. Prossimamente farai anche parte della nostra rubrica “L’autore del mese”
dove ti presenterai e ci racconterai in modo più completo dei tuoi libri,
quindi intanto ti chiedo, parlarci del tuo ultimo scritto “Delicato è
l’equilibrio” raccontaci com’è nato e tutte le curiosità legate a questa
storia.
“Delicato è l’Equilibrio” è nato da
un’idea condivisa con un’altra autrice che però non ha voluto portarla avanti.
Fu lei a farmi conoscere e amare Pisa dove sono ambientati i fatti (confesso io
ho messo Torino che mi ha sempre affascinato come città esoterica).
La storia di questo romanzo è
piuttosto travagliata, se si pensa che già in partenza era nata come un’idea a
quattro mani e poi è stata abbandonata, forse dovevo aspettarmi che anche in
ambito editoriale (ha avuto un contratto che ho stracciato e ho anche rischiato
di bruciare, letteralmente, l’opera), ma come sempre le storie trovano la
strada giusta per farsi leggere e per questo devo ringraziare La Ponga Edizioni.
Le particolarità della storia sono
legate alla mia passione per l’Urban Fantasy, ho voluto creare una storia non
solo con protagonisti complicati e che non sono ciò che appaiono, ambientando
la storia in una città italiana che non è certamente famosa per le sue
atmosfere dark. Volevo inoltre portare su carta alcune mie convinzioni, sono dell’idea
che per ogni momento felice che vivo, sono costretta a pagarne il prezzo,
l’equilibrio, con il suo complesso sistema di vita e morte è nato proprio per
dare voce a questa mia convinzione.
7. Continua sul magazine...
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