}

mercoledì 13 febbraio 2019

Recensione - Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio - di Italo Calvino


Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio
Italo Calvino
Copertina flessibile: 197 pagine
Editore: Mondadori (28 giugno 2016)
Collana: Oscar moderni
 Sinossi

Nate come testi per un ciclo di conferenze da tenere ad Harvard queste lezioni costituiscono l'ultimo insegnamento di un grande maestro: una severa disciplina della mente, temperata dall'ironia e dalla consapevolezza di non poter giungere ad una conoscenza assoluta. Presentazione di Esther Calvino e postfazione di Giorgio Manganelli.

Recensione

Non è possibile recensire le Lezioni Americane, Calvino scrive questi appunti in previsione di una serie di sei conferenze che viene chiamato a discutere in altrettante università americane, e noi abbiamo la fortuna di poter continuare a sentire la sua voce attraverso questo breve saggio.
La mia non sarà quindi una recensione come quelle a cui siete abituati, ma vi voglio spiegare perché secondo me vale la pena di leggere questo testo, soprattutto se avete fatto della scrittura una passione o se amate fare dell’analisi letteraria.
Le Lezioni Americane non sono un manuale di scrittura creativa come quelli a cui siamo abituati, Calvino non vi propone regole ed esercizi, ma vi costringe a pensare, per fare in modo che sia la vostra stessa mente la pietra con cui affilare le lame della vostra fantasia.
Ogni capitolo è dedicato ad una lecture, e ogni lezione ha un tema. Sebbene tutti interessanti, ho apprezzato maggiormente la prima, dedicata alla leggerezza, contrapponendola al peso e sostenendone le ragioni. 

“Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero dovuto essere la mia materia prima e l’agilità scattante e tagliante che volevo animasse la mia scrittura c’era un divario che mi costava sempre più sforzo superare.
Forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo: qualità che s’attaccavano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.”

Per farci meglio comprendere la lezione Calvino ci dice come fare, ma offre degli esempi e scopre davanti ai nostri occhi le minime tracce luminose contrapposte alla buia catastrofe di Eugenio Montale, o la neve senza vento che evoca un movimento lieve e silenzioso di Dante.
Calvino si serve di Cavalcanti per spiegarci davvero con poche parole come dare leggerezza a ciò che scriviamo, e individua almeno tre metodi diversi per farlo:
·       Alleggerire il linguaggio convogliando i significati su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumerne la stessa rarefatta consistenza.
·       Narrare un ragionamento o un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili, o qualsiasi descrizione che comporti un alto grado di astrazione (e, se mi conoscete sapete che amo la scrittura di J.K. Rowling, a me sono venuti in mente i cieli trapuntati di stelle di Harry Potter, e il cielo di velluto blu scuro nella serie del detective Cormoran Strike).
·       Utilizzare un’immagine figurale di leggerezza che assuma un valore emblematico, come, nella novella di Boccaccio, Cavalcanti che volteggia con le sue smilze gambe sopra la pietra tombale.

Non analizzerò anche le restanti lezioni, ma se quello che vi ho raccontato a proposito della leggerezza affrontata dal punto di vista di Calvino vi ha interessato, credo che sia impossibile non correre a meditare su ciò che ancora ci può dire riguardo a rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, iniziare e finire (inedito, ricavato dai manoscritti preparatori delle Norton Lectures).

Tutte le “realtà” e le “fantasie” possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale…

Alla prossima, Elena.

Nessun commento: