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lunedì 7 dicembre 2020

Segnalazione - THE UNDRESSED SERIES - di Moloko Blaze

 


THE UNDRESSED SERIES

 

La raccolta erotic-romance "The Undressed Series", composta dalle novelle “Undressed”, “Untold” e “Undefined”, è finalmente riunita in un unico e appassionante romanzo. All’interno del volume è presente anche il primo capitolo dell’inedito “Playing Time”, di prossima pubblicazione!

«Perché mi fai questo?» domandai con la gola stretta. Spuntò una lacrima, che cancellai immediatamente. Non potevo cascarci di nuovo.

«E tu perché lo stai facendo a me? Pensi che non abbia un cuore? Pensi che non si sia spezzato quando ho visto la mia casa vuota?» sibilò con risentimento, strattonandomi appena. Anche i suoi occhi parvero lucidi. Aveva smesso di giocare. Aveva abbandonato ogni sarcasmo. Ora era tutto cuore, tutto stomaco.

«Lasciami!»

«Perché dovrei farlo? Tu vuoi essere presa. Tu vuoi essere trovata. Tu vuoi essere vista, raggiunta, plasmata. Da me, dal tuo creatore.»

(da Undefined)

Attraverso le barocche contraddizioni della peccaminosa New Orleans, i paesaggi rurali della Louisiana, le acque più torbide del Mississippi, la serie Undressed racconta le avventure erotiche della giovanissima e sprovveduta Charlotte e dei due irriverenti artisti che la dipingono: James La Salle, suo capo e padrone, e Robin Delacroix, il loro sensuale amante dalla pelle scura. 

 

-ATTENZIONE-
Questa novella contiene scene di sesso esplicite. Se ne consiglia la lettura a un pubblico adulto e consapevole.

 

N. Pagine: 366

Genere: Erotic Romance

Prezzo: ebook 2,99; cartaceo 14,99

Cover di Catnip Design

 

BIOGRAFIA

 

Moloko Blaze vive con il suo compagno in un luogo ai confini del sogno. Divide il suo mondo di fantasia in due anime: il contemporary romance, che scrive da sette anni con un altro pseudonimo, e l’erotico, che sperimenta da meno tempo ma che le permette di attraversare zone più in ombra, dove il sole arriva raramente.

La sua produzione erotica è composta dalle novelle “Undressed”, “Untold” e “Undefined”, raccolte nel volume “The Undressed Series”. La prossima pubblicazione s’intitolerà “Playing Time”, un erotic romance ambientato nel mondo dell’off Broadway di New York. Ama la sua privacy e la difende con ogni mezzo.


 


Estratti da Undressed

 

James mi osservò con orgoglio, un sorriso sinistro affiorò sulle sue labbra. «Avevi ragione, Robin, la ragazzina impara in fretta.»

Entrambi si alzarono, ergendosi sopra il mio corpo inanimato sul tappeto. Mi osservavano dall’alto come se fossi una strana creatura e stessero cercando di interpretare la mia espressione. Ero spaventata, certo, ma mi sentivo bene. Li desideravo, come non avevo desiderato niente nella mia vita.

Appartenevano a me, erano miei.

Li osservavo mentre, con una lentezza estenuante, si toglievano i vestiti, uno strato dopo l’altro. Fino a che non rimase nulla, solo le tonalità desertiche della pelle di James e quelle notturne della pelle di Robin. La Salle si sedette nuovamente sulla poltrona, un regista silenzioso che muoveva i suoi attori come se fossero estensioni di sé. Mi sbagliavo: noi appartenevamo solo a lui e a nessun altro. Era lui il nostro unico padrone, colui che ci plasmava a proprio piacimento.

Robin guardò me e poi James, prima di gattonare lentamente, una pantera che si muoveva sinuosa verso il nostro signore seduto sul suo trono.

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«Fammi vedere la tua carta d’identità.»

Spalancai gli occhi, incredula. «Le ho già detto che sono maggiorenne!» sbottai.

«A me sembri solo un ragazzino in technicolor che puzza ancora di latte. Mostrami un documento.»

Sollevò la mano col palmo all’insù, in attesa.

Roteai gli occhi al cielo, feci quanto mi stava chiedendo: tirai fuori dallo zaino il portafoglio e gli sbattei in faccia la mia carta di identità, ignorando la sua mano.

Appurato il fatto che il “ragazzino in technicolor” avesse detto la verità, si fece da parte per farmi entrare nel suo studio. Feci un passo avanti, ma mi bloccai poco oltre la soglia.

«Entra, forza. Sei in ritardo di almeno dieci minuti.» Parole implacabili per un tono implacabile. «Ho cacciato via la modella precedente per i suoi ritardi e la sua maleducazione. Non farmi pentire già dal primo giorno.»

Mi guardai intorno, in cerca di uno spogliatoio. Non ne trovai. Ciò che mi balzò agli occhi però era la serie di quadri di persone nude, uomini e donne, in pose trasgressive, nei toni di colore che sembravano ispirarsi alla pop art. Nulla a che vedere con l’arte di Velázquez, Goya, Tiziano, Ingres, Botticelli. Qui non c’era rispetto per alcuna regola formale, tecniche pittoriche si mischiavano con il collage, con il frottage, con la fotografia, con l’action painting, con i supporti e i materiali più eterogenei, fino ad arrivare alla sperimentazione pura. Nulla di nuovo in fondo, ero una studentessa di arte e ne avevo viste di cotte e di crude. Ma ciò che mi sconvolse erano i soggetti. Le ragazze, senza nulla addosso, erano umiliate e sottomesse nelle posizioni più perverse che avessi mai visto. Io avrei dovuto fare… questo?

E poi lo sentii, secco come una frustata sulla schiena, l'ordine a cui, da oggi in avanti, avrei obbedito ogni singolo giorno, per molto, moltissimo tempo.

«Sali su quella pedana e togliti i vestiti.»

 

Estratti da Untold

 

«So che è difficile da capire, so che può sembrarti una cosa immorale e immonda. Ma siamo persone, ci relazioniamo con delle persone, amiamo delle persone. Io amo Charlotte, non perché è una donna, ma perché è la mia musa, nell’arte e nella vita, mi appartiene tanto quando io appartengo a lei. Questo puoi provare a capirlo?»

Scossi la testa, anche se in realtà cominciavo davvero a capire come funzionassero la sua testa e il suo cuore.

«E amo Robin perché gli ho salvato la vita. L’ho protetto ed è mio, quasi quanto lo sei tu.»

Mi divincolai. «Sei pazzo.»

Mi riacciuffò premendomi ancora al suo corpo teso. Gli leggevo una strana angoscia negli occhi, quella di chi ha paura di perdere la propria donna.

«E perché? Perché dopo che mi sono ucciso per amore non ho alcuna intenzione di legarmi a una persona in quel modo? Perché so che non mi sposerò mai, così come so che non vorrò figli? Perché non seguo l’iter convenzionale della vita sociale? Perché esprimo il mio amore non come fanno gli altri, ma in modo diverso, amorale, perverso, totalizzante? Un modo che è solo mio?»

Lo fissai sconvolta, il mio corpo agonizzante era ormai abbandonato alle sue braccia.

«Lo hai detto tu stessa. Ricordi? Sei come noi. Sì, mia cara, sei proprio come noi. Mi dici che sono pazzo. Sì, forse. Ma lo sei anche tu.» Mi afferrò un polso per sollevare il braccio e mostrarmi l’intreccio dei miei vecchi tagli autoinflitti.

Gli strappai il mio braccio dalla mano e negai: «Io non sono come te, mi dispiace.»

«Sei esattamente come me, Charlotte, per questo mi spaventi.»

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«Ho tentato di scindere le due cose, l’arte e il mio desiderio per te, come faccio con le altre modelle e gli altri modelli. È così che li tratto, come manichini. Ma con te è stato orribile. Non voglio essere solo il pittore con te, non voglio essere solo l’artista. Voglio essere un uomo.»

Deglutii per trattenere un pianto incontrollato. Quando James vide i miei occhi farsi lucidi, strinse i miei polsi con più forza, scosso in profondità. Quel comportamento da folle non mi apparteneva di certo, eppure sentivo che finalmente potevo davvero lasciare andare qualcosa. Una lacrima, molte lacrime. Una dopo l’altra sgorgavano leggiadre dai miei occhi, mentre lentamente ricominciavo a respirare.

«Così, sfogati.»

Rotolò giù dal mio stomaco e mi trascinò con sé, sul suo petto, abbracciandomi. «Piangi se ti fa stare meglio.»

Avrei voluto dirgli tante cose.

Avrei voluto confessargli quanto poco di me avesse lasciato al suo passaggio. Era stato un uragano che aveva fatto piazza pulita di ciò che ero e che mi aveva ricostruita a suo piacimento. Ma l’unica cosa che mi uscì dalle labbra fu: «Io ti amo, James.»

Patetica, piccola, inutile Charlotte.

Il suo petto oscillò come un’onda. Lo sentii sospirare sotto il mio orecchio, come a suggerirmi che se lo fosse aspettato. E questo fu ancora più umiliante, di tutto ciò che avevo subito in quell’infinita giornata.

Mi strinse più forte, forse per prepararmi alle terribili parole che stava per scagliarmi addosso: «Oh Charlotte, tu mi ami soltanto perché io ti ho distrutta e ricostruita perché ti fidassi di me, perché mi obbedissi, perché ti lasciassi andare solo con me, perché dipendessi da me. Tu mi ami come un cucciolo che aspetta una ciotola di cibo dal suo padrone. Tu credi di amarmi Charlotte, ma non sai nemmeno di che parli.»

 

Estratti da Undefined

 

Accompagnò il bicchiere alla mia bocca, schiusa e assetata. Assaporai da lui il gusto tiepido del bourbon, la nota fruttata che improvvisamente diventava piccante in modo quasi fastidioso. Doloroso. Come era lui. Non mi fece finire, conservò un po’ di quel liquido compatto all’interno del bicchiere e vi inzuppò il pollice. Con una naturalezza surreale accarezzò le mie labbra dipingendole con quella patina dolciastra, bollente e gelata allo stesso tempo.

Le mie ciglia sfarfallarono ad accogliere lo stordimento che stavo provando. Distolsi la bocca, scostandomi. Non volevo più essere una vittima dei suoi giochetti, non potevo più continuare a vivere in trance, soggiogata dalle sue arti magiche. Dovevo svegliarmi da quel maledetto incantesimo. Afferrai il suo polso e lo fermai.

«Non siamo qui per giocare, James.»

 

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Percepivo la disperazione attraverso il suo movimento così insistente, così invadente. Una disperazione che faceva eco alla mia, perché anch’io volevo dimenticare James, attraverso di lui. Almeno per una notte. Solo che non sapevo come fare, non ero capace di misurarmi con lui. Con lui da solo.

Io e Robin eravamo due onde che, dopo essersi scontrate sugli scogli, fuggivano di nuovo verso l’orizzonte, nell’inutile tentativo di ignorare la forza abissale che le riportava inesorabilmente indietro.

 

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