TITOLO: Io sono l’usignolo
AUTORE: Emanuela Navone
EDITORE: Autopubblicato
GENERE: Thriller
NUMERO DI PAGINE: 330
DATA DI USCITA: 10/12/2017
PREZZO ED. CARTACEA: ND
PREZZO ED. DIGITALE: 2,99 €
LINK D’ACQUISTO: http://amzn.to/2hnUExI
ISBN:
ND
Chi è Florian Chevalier e perché ha bruciato la casa del
sindaco di Val Salice? Questo si domanda il giornalista Rubino Traverso,
intenzionato a scoprirne di più e sorpreso che nessuno voglia raccontare nulla.
Quando, proseguendo le ricerche, inizia a ricevere disegni
bizzarri e strani messaggi intimidatori, capisce la verità non deve venire a
galla. Che cosa nascondono gli abitanti di Val Salice?
In un agosto spazzato dal vento, Rubino scoprirà a poco a
poco che perfino un piccolo paese sperduto fra i monti liguri ha i suoi scheletri
nell’armadio. E dovrà scoprire quali.
Cosa sei disposto a perdere pur di conoscere la verità?
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ESTRATTO: PRIMO
CAPITOLO
Lunedì 21 agosto 2000
Il trasloco a Val
Salice iniziò sotto i peggiori auspici.
Primo punto: appena partiti dovemmo tornare indietro perché Rossana aveva
dimenticato il valigiotto con creme, detergenti e qualsiasi orpello con cui
donne come mia moglie si divertivano in bagno.
Secondo punto: partiti per la seconda volta, dovemmo di nuovo tornare
indietro perché Stella non trovava Lalla e se non aveva la sua bambola di pezza
rischiava di patire l’autostrada.
Terzo punto: Oscar, il gattone rosso e pigro, decise che non amava più la
gabbietta e dovemmo farlo uscire, con la conseguenza che passò il viaggio
disteso sulle cosce di Rossana, emettendo di tanto in tanto un miagolio di vero
dolore.
Morale: arrivammo a Val Salice due ore dopo il previsto, sotto un
temporale di quelli che ti annegano appena metti un’unghia fuori, Rossana e
Stella nervose e io più sudato di quando, al mare, mi ostinavo a non prendere sdraio e ombrellone perché non mi andava di sborsare
ventimila lire.
Ciliegina sulla torta, appena scendemmo dalla BMW, infagottati sotto
giacchette leggere prese alla spicciolata in una valigia, Stella iniziò a
starnutire.
Di per sé, qualche starnuto non è grave, ma essere sposati con Rossana De
Simone equivaleva a una delle Grandi Tragedie.
Le hai portate le medicine? No che non le hai portate, vero? E adesso
come facciamo diavolo adesso le verrà la febbre e non hai portato le medicine e
se si sente male bisogna chiamare l’ambulanza andare al pronto soccorso che poi
l’ultima volta siamo stati lì ore.
Neanche il tempo di scaricare i bagagli che dovetti fiondarmi in auto e
cercare una farmacia in quel paesino sperduto tra i monti liguri.
Così iniziò la mia nuova vita lontano dalla città. E mentirei se dicessi
che ero elettrizzato.
Il campanello suonò mentre la porta si apriva.
Mi sfregai le mani l’una contro l’altra, intirizzito nel giubbotto leggero. Le scarpe di tela filtravano l’aria come
ciabatte da mare. Feci due passi. File di scaffali di legno ospitavano un
melting-pot di medicinali, mentre dietro il bancone, una vecchia credenza
conteneva piccole brocche forse dipinte a mano. In un angolo, una vecchia
bilancia si incastrava tra due depliant che promettevano la migliore soluzione
alla tosse secca e spiegavano perché fosse nocivo fumare in gravidanza.
La farmacia di Ca’ Tonda, paesino minuscolo vicino a Val
Salice, era un pot-pourri di scatoline colorate. Se avessi avuto dietro la mia
reflex, mi sarebbe piaciuto catturare qualche sfumatura, un verde smeraldo, un
rosso mattone o un bianco panna.
La donna dietro il bancone batteva sui tasti del
registratore di cassa e parlottava tra sé. Al suono del campanello, alzò lo
sguardo. «Buonasera» cinguettò.
«Buonasera.» Mi avvicinai con le mani in tasca.
«Freddino, vero?»
«Già.»
La donna diede una rapida occhiata al
registratore di cassa. Il pollice e l’indice grattavano pigramente il mento. «Oggi il buon Charlie non ne vuole sapere di
funzionare.»
Dovevo avere un’espressione stupita perché la donna scoppiò
a ridere.
«Charlie è il nome che ho dato al registratore» spiegò.
«Ah.»
«Che cosa desidera?»
«Del paracetamolo. Mia figlia ha un forte raffreddore e mia
moglie teme le venga la febbre.»
La farmacista annuì e uscì dal bancone. Una piccola botte in
camice bianco. «In questo periodo è facile ammalarsi» disse mentre rovistava in
uno scaffale. «Turisti?»
«Ci siamo trasferiti oggi a Val Salice.» Assunsi una delle
mie migliori espressioni scocciate per troncare il dialogo. Non avevo di certo
tempo da perdere in inutili chiacchiere.
La farmacista terminò la ricerca su uno scaffale e passò
all’altro. «Un posticino accogliente, vero?»
Tentativo fallito.
«Sa che è stato quasi raso al suolo da un incendio?»
In meno di un secondo, la mia espressione
scocciata diventò incuriosita. «Non lo sapevo.» Fissai la donna con vivo interesse.

Posai una banconota da ventimila lire accanto al
registratore di cassa. Lo sguardo della farmacista sembrava afflitto, ma dietro
si scorgeva qualcosa, una specie di forte desiderio, un’aspettativa.
dai chiedimi cosa
successe ti prego
Stetti al gioco.
«Che cosa successe?»
La donna parve gonfiarsi come un palloncino. Si allungò
verso di me e mise una mano sulla bocca. «L’incendio distrusse la casa del
sindaco e si propagò per metà del paese. Montignani, sua moglie e suo figlio
non ce la fecero.» Tamburellò le dita sul bancone. «Aveva appena vent’anni,
quel povero ragazzo. Morire così... Che destino ingiusto.»
Presi il flacone di paracetamolo. «È stato un incidente?» I grandi occhi da lontra della farmacista mi guardavano
fissi. «Certo che no. Florian Chevalier. L’usignolo.» Si diede un colpetto
sulla tempia. «Un pazzo.» Armeggiò ancora qualche istante con il registratore. «Non
è serata, vero, Charlie?»
«Usignolo?» Mi stava prendendo in giro?
«Così si faceva chiamare. Non so il motivo.» Risatina
civettuola.
«Perché lo ha fatto?» Misi la medicina nella tasca dei
jeans.
La donna fece spallucce. «Lo chieda agli abitanti di Val
Salice.» Riprese ad armeggiare con il registratore di cassa. «Le scoccia se non
batto lo scontrino?»
Feci un saluto smozzicato. Non mi scocciava. Uscii.
Oh, se lo avrei chiesto. Lo avrei chiesto di certo.
Quella palla con il camice addosso non sapeva che le
tragedie erano il mio pane quotidiano.
Rubino Traverso, giornalista e fotoreporter: questa è roba
per te.
BIOGRAFIA AUTRICE
Emanuela è nata a Genova e vive in un paesino sperduto sui monti proprio
sul confine con il Piemonte.
Scrive da quando era una bambina, e da allora ne è passata di acqua sotto i
ponti. È cresciuta a pane e Stephen King, e gran parte della sua esistenza l’ha
trascorsa leggendo i suoi horror e i fantasy della Bradley, Tolkien, Goodkind e
autori meno famosi.
Nel 2014 ha finalmente ottenuto la laurea dopo anni di lacrime e sangue e
si è trovata nel mondo reale e ha scoperto che era pieno di denti aguzzi. È
diventata assistente editor per Edicolors, una casa editrice specializzata in
narrativa per l’infanzia; poi, cedendo allo smisurato ego che la divora, ha deciso
di diventare freelance.
Vive in una grande casa circondata da gatti — prima o poi diventerà come la
gattara dei Simpson. Oltre alla scrittura, adora la musica metal e la
fotografia. La trovate spesso in giro per i boschi con la sua fedele reflex e
la testa sulle nuvole. Ha pubblicato, sempre come self, il breve Prontuario di editing e il racconto Reach, contenuto anche nella raccolta a scopo benefico Only Hope.
Sito web:
https://www.emanuelanavone.it
Blog (al momento chiuso, ma potete trovare le vecchie recensioni):
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